Per voi, una raffica di news dal 23 settembre, una giornata densissima di stimoli e incontri!
Che aspettate? Leggete il blog di Terra Madre!
Ecco il 23 settembre.
Ore 17.30: Voler bene alla Terra
Come portare avanti una rigenerazione efficace nell’ambito agricolo per evitare di continuare a consumare la risorse del nostro mondo? Sul tema si sono confrontati Piero Bevilacqua, già professore ordinario di storia contemporanea all’Università di Roma La Sapienza, Myrna Cunningham, attivista per i diritti indigeni, Larissa Mies Bombardi, docente ora in esilio in Belgio, Virginie Raisson, analista in relazioni internazionali, specializzata in geopolitica prospettiva, moderati Natasha Foote, giornalista specializzata nei temi dell’agroalimentare e della salute per Euractiv. A questo link è disponibile il video completo della conferenza.
Ore 17: Youth & Food: il cibo veicolo di inclusione
A Terra Madre è stato presentato il progetto Youth & Food, selezionato dal Fondo Con i Bambini per il contrasto della povertà giovanile e coordinato da Slow Food. Un progetto attivo a Torino e ad Agrigento che ha coinvolto trenta giovani in percorsi di formazione per favorire l’autonomia occupazionale e abitativa. Sono stati loro i protagonisti della presentazione, un’occasione per raccontare le loro storie di immigrazione e il loro riscatto proprio attraverso il cibo. Accanto alle esperienze, la rete di persone e istituzioni che sta rendendo possibile una nuova vita in Italia. In Sicilia i giovani sono infatti impegnati nella produzione di miele e nella viticoltura, mentre a Torino oltre ai corsi di cucina italiana e di panificazione, stanno svolgendo un corso di cucina etnica che li ha portati a riscoprire innanzitutto le loro tradizioni gastronomiche. Un ruolo decisivo nel loro inserimento è dato dalle nuove generazioni di italiani, giovani con background migratorio che stanno svolgendo il ruolo di mediatori e che hanno ricreato una dimensione familiare. Il progetto ha visto già i primi inserimenti lavorativi e prevede ora che questi ragazzi diventino tutor dei prossimi partecipanti con uno sguardo a Terra Madre 2024.
Ore 16: Il biologico: oltre la certificazione
Focus sul tema del biologico, oggi nell’area dell’Università di Scienze Gastronomiche!
Nello spazio riservato alle attività dell’UNISG è stato presentato C’era una volta il Bio, cortometraggio prodotto da Coop Tesori Bio – cooperativa agricola e sociale specializzata nella trasformazione di latte biologico e l’agenzia di comunicazione Agricola Multimedia.
Un viaggio storia e il futuro del biologico in Piemonte e in Italia: dalle origini, frutto di menti illuminate, alle incertezze del domani.
Sul palco anche i protagonisti del documentario, veri pionieri del biologico in Piemonte: tra questi Armando Mariano, agricoltore di 91 anni, da Villafalletto, Cuneo, ha emozionato il pubblico con la sua testimonianza di vita all’insegna dell’impegno sociale in agricoltura.
Ancora di biologico si è parlato con Emanuele Pedrazzoli del Salumificio Pedrazzoli, che ha illustrato la linea di carni e salumi bio prodotta dalla propria azienda di famiglia secondo metodi naturali: dall’allevamento del suino alla macellazione, dalla lavorazione alla stagionatura.
A chiudere la giornata un aperitivo con il meglio delle produzioni delle aziende degli ex studenti UNISG: pane e delizie di Tondo Forno Artigiano, i salumi delle Valli Unite, la birra artigianale del Birrificio Sagrin e il Vermouth di Sfusobuono: il tutto presentato da altri ex studenti UNISG fondatori di M’AMO Consulenze Enogastronomiche.
Ore 15.30: Le città che cambiano. Modelli di rigenerazione
Come possiamo promuovere la rigenerazione del sistema alimentare nelle nostre città? Come possiamo guardare ai centri urbani come a esempi di rinascita ambientale e sociale? Sul tema si sono confrontati Elena Granata, docente associata di Urbanistica al Politecnico di Milano, Carolyn Steel, architetta e autrice del libro Sitopia: come il cibo può salvare il mondo, Nevin Cohen, professore presso la City University of New York (CUNY) Graduate School of Public Health e direttore del CUNY Urban Food Policy Institute. La moderazione è stata curata da Gilles Fumey, Professore di geografia culturale dell’alimentazione all’Università della Sorbona/Cnrs. Clicca qui per rivedere il video integrale della conferenza.
Ore 15: Vestire è un atto agricolo
Presentata a Terra Madre la nuova rete Slow Fiber, nata dall’incontro tra Slow Food e alcune aziende virtuose della filiera del tessile, che vogliono rappresentare il cambiamento positivo attraverso un processo produttivo sostenibile, volto alla creazione di prodotti belli, sani, puliti, giusti e durevoli.
Slow Fiber si pone l’obiettivo di divulgare la conoscenza dell’impatto che i prodotti tessili hanno sull’ambiente, sui lavoratori della filiera e sulla salute dei consumatori per diffondere una una nuova etica e cultura del vestire e dell’arredare.
La rete promuove e sostiene campagne di sensibilizzazione attraverso la testimonianza e la partecipazione diretta delle aziende che quotidianamente operano nel rispetto della sostenibilità ambientale e sociale. Tra queste ci sono Oscalito 1936, L’Opificio Serico, Manifattura Tessile di Nole, Maglificio Maggia, Pettinatura di Verrone, Lane Cardate, Quagliotti, Tintoria 2000, Tintoria Felli, Olcese Ferrari, Italfil, Remmert, Pattern, Holding Moda, F.lli Piacenza, Angelo Vasino.
Ore 13: Tavolo Nazionale Sicurezza Alimentare
Il tavolo nazionale sui sistemi alimentari svolge un ruolo di supporto al governo per portate nei consessi internazionali, a partire da quelli delle Nazioni Unite e G20, le posizioni, gli interessi e le capacità di azione della filiera alimentare italiana.
Edward Mukiibi, presidente di Slow Food: «Un conflitto in una parte del mondo porta conseguenze negative anche in altri paesi. Io sono cresciuto in Africa con la mancanza di sicurezza alimentare. Ora a causa di pandemia, crisi climatica e ambientale e conflitto in Ucraina a vivere questa insicurezza è anche il nord del mondo. È importante quindi difendere la sovranità alimentare per garantire la resilienza delle comunità locali in Africa come nel resto del mondo, coinvolgendole e sostenendole. In questo sono fondamentali politiche alimentari che tutelino i produttori».
Maurizio Martina, vice direttore generale della FAO: «Abbiamo bisogno di maggior consapevolezza da parte di tutti, più cooperazione tra governi e più protagonismo tra cittadini e territori. La combinazione di questi fattori può portare un cambiamento positivo nella sicurezza alimentare. I governi e politiche pubbliche sono decisive ma devono essere supportate dalle comunità».
Andrea Segrè, professore dell’Università di Bologna: «Qual è l’impatto nazionale di perdite, spreco domestico, dieta mediterranea, eccedenze agroalimentari nei diversi comparti? I contadini sono stati i primi a rispondere e, dalle loro risposte, si percepisce che i cambiamenti climatici sono determinanti, ma possono essere contrastati con ricerca e innovazione. Lo spreco domestico ed extradomestico è difficile da monitorare, ma lo è ancora di più intervenire con fini solidali. Si sta andando poi verso un’alimentazione di minore qualità con un costo della caloria sempre più basso che rischia di provocare malnutrizione. Possiamo però combatterla con la dieta mediterranea».
Angelo Riccaboni, professore ed ex rettore dell’Università di Siena: «Nel nostro gruppo di lavoro ci siamo chiesti quali siano le conseguenze della crisi in Ucraina. È una situazione che va ad appesantire un momento già difficile, mettendo in difficoltà i protagonisti della fiera enogastronomica. Dobbiamo far sì che la presenza delle filiere e delle piccole medie imprese sia rafforzata. Un supporto arriva sicuramente dalla ricerca e dall’innovazione».
Giaime Berti della Scuola Superiore Sant’Anna: «Il 34% del grano usato nel mondo arriva dalla Russia e dall’Ucraina, così come mangimi e fertilizzanti. L’aumento dei prezzi provoca un problema di sicurezza alimentare. Come ci si approccia quindi alla sicurezza alimentare? Uno è il sovranismo alimentare, che si associa a una chiusura verso l’esterno; l’altro è quello della diversità dei sistemi agroalimentari locali, collegato alle comunità locali, valorizzando i prodotti locali, le tradizioni e le diverse espressività alimentari».
La vicesindaca di Milano ha aggiunto che è necessario che tutti ci occupiamo di cibo e del nostro rapporto con questo. Le nostre scelte, infatti, possono fornire un contributo al sistema alimentare, soprattutto se consapevoli.
Ore 12: il triplo fardello della malnutrizione
Andrea Pezzana, direttore nutrizione clinica dell’Azienda sanitaria di Torino e consulente su cibo e salute per Slow Food. Fino a pochi anni fa, il triplo fardello della malnutrizione era considerato un fenomeno localizzato nei Paesi poveri, ma oggi l’obesità, il diabete di tipo 2 nei giovani e la malnutrizione nascosta sono presenti anche nelle grandi città e nei Paesi ad alto PIL. Spesso attribuiamo alla perdita di biodiversità un valore eco-ambientale. “Ma la biodiversità ha anche un valore nutrizionale. Le nostre azioni hanno conseguenze anche sul plancton e sui batteri, con ripercussioni sull’intera catena alimentare. Centinaia di tipi diversi di piante producono nutrienti diversi a seconda degli ecosistemi in cui crescono. Se aiutiamo le comunità locali e le popolazioni indigene a riscoprire le sementi locali e il know-how tradizionale in agricoltura, non solo compiremo un’impresa ambientale, ma saremo in grado di recuperare nutrienti benefici per la nostra salute”.
Antonella Cordone (IFAD), “Dal rapporto della FAO sappiamo che tra il 2020 e il 2021 abbiamo avuto 46 milioni di persone affamate in più, che 3,1 miliardi di persone, il 38% della popolazione mondiale, non potevano permettersi cibo sano nel 2020, che 670 milioni di persone da qui al 2030 dovranno lottare con la fame. A livello globale, il sostegno all’alimentazione e all’agricoltura è stato pari a 630 miliardi di dollari tra il 2013 e il 2018, ma queste risorse hanno paradossalmente avuto un impatto distruttivo sui mercati, colpendo negativamente i piccoli produttori locali e non riuscendo a portare miglioramenti. I governi devono quindi rinnovare le loro politiche, considerando inoltre che 1/3 del cibo prodotto nel mondo proviene proprio da piccoli produttori che non ricevono alcun sostegno e sono emarginati dai mercati.”
Corinna Hawks, direttore del Centro per le politiche alimentari della City University di Londra. “Il sistema alimentare globale sta creando una dieta di scarsa qualità. Dobbiamo capire che ciò di cui hanno bisogno i bambini malnutriti e le loro madri è un ambiente alimentare sano. Invece, gli alimenti ultra-processati sono sempre facilmente accessibili e presenti ovunque, mentre altri aspetti economici rendono difficile fare la scelta giusta: i poveri in alcuni Paesi vivono in case dove non c’è il frigorifero, devono cucinare con il fuoco a legna, l’acqua non è pulita. C’è quindi una combinazione di ambiente sociale ed economico che crea una situazione dannosa: se è più facile e più economico acquistare alimenti ultra-lavorati, mancano i nutrienti e la varietà. Dobbiamo quindi renderci conto che abbiamo bisogno di protezione sociale. Abbiamo bisogno di investimenti economici e di regole severe che impediscano il marketing alimentare delle multinazionali”.
Ore 12: All we need is…Slow Farming
È stato presentato oggi al MAcA, il Museo A come Ambiente, il nuovo documento di posizione di Slow Food sul benessere animale.
Andrea Gavinelli, responsabile dell’Unità Benessere Animale della Direzione Generale Salute e Sicurezza Alimentare della Commissione Europea «Abbiamo bisogno di un cambio di paradigma nel rapporto tra l’uomo e gli animali da allevamento. Gli animali non sono mezzi di produzione. Dovrebbero poter vivere su questo pianeta senza trascorrere la loro esistenza in condizioni innaturali di costrizione e spesso di sofferenza. Non possiamo continuare a nutrirli con colture provenienti dall’altra parte del mondo, coltivate in monocolture che distruggono gli ecosistemi. La carne e gli animali stessi non devono viaggiare per migliaia di chilometri per raggiungere i nostri piatti. Dobbiamo ricollegare l’allevamento alla terra».
«Questo cambiamento significa ovviamente ridurre il numero di animali d’allevamento e modificare la nostra dieta. Mangiare così tanta carne non è salutare, meglio mangiarne meno e pagarla il giusto – ha commentato Raffaella Ponzio, responsabile Slow Food per il benessere animale.
Il benessere degli animali è strettamente legato a quello dell’uomo e dell’ambiente: questi tre aspetti devono quindi essere affrontati congiuntamente. Slow Food sostiene infatti l’approccio One Welfare, che riconosce la complessa interconnessione tra la salute delle persone, delle piante, degli animali e del pianeta.
Durante la conferenza sono intervenuti Larissa Bombardi, docente brasiliana in esilio in Belgio a causa delle sue pubblicazioni, illustrando gli impatti negativi della produzione intensiva di soia affamata di pesticidi in America Latina per l’alimentazione di pollame, maiali e bovini; Sergio Capaldo, presidente della Società Consortile Ecosi, mostrando le buone pratiche per la cura del suolo in vista della crisi climatica e Jacopo Goracci, allevatore Slow Food per il Presidio della razza maremmana, che ha sottolineato il ruolo fondamentale dell’agricoltura estensiva, soprattutto nelle aree marginali.
Andrea Gavinelli ha concluso annunciando la volontà della Commissione europea di integrare tutti questi aspetti nella nostra proposta di un nuovo regolamento UE sul benessere degli animali previsto per il 2023, che sarà concordato in collaborazione con il Parlamento europeo.
Ore 11: Il mondo della fermentazione
«La fermentazione è nata prima che noi diventassimo umani» ha affermato Carlo Nesler, uno dei massimi esperti italiani di fermentazioni alimentari alternative. A Terra Madre, nello spazio Cibo e salute che Slow Food e Reale Mutua hanno progettato insieme, Nesler ci ha fornito qualche informazione sulla fermentazione e sui vantaggi per il microbiota di nutrirsi di cibi fermentati, a partire dalle domande del pubblico.
«A livello industriale e anche artigianale i cibi che vengono pastorizzati o sterilizzati contengono microbi ormai morti. In questo caso il microbiota riceve quindi informazioni dai prebiotici, i microbi ormai morti, e non dai probiotici, i microbi vivi, che possono installarsi nel tratto intestinale e portare diversi benefici» ha continuato Nesler.
Il microbiota è un indispensabile alleato della nostra salute.
È importante quindi fare attenzione ai fattori che lo danneggiano, come cure medicinali errate, inquinamento, stress e cibi inquinati. Cerchiamo cibi che possano rigenerare il nostro sistema, e ricordiamoci che tutto è connesso: l’ecosistema che abbiamo attorno non è solo un bosco in cui fare una passeggiata, è un sistema vivo che interagisce con noi.
Diversi studi hanno dimostrato ad esempio che l’assorbimento degli zuccheri, ovvero la glicemia, cambia a seconda del microbiota. Dire che “certi cibi fanno sempre male” dunque non è più corretto, ma diventa relativo: un biscotto potrebbe dare un picco glicemico a una persona e a un’altra no. Purtroppo, quando parliamo di etichette, a livello di legislazione europea non c’è nessuna norma che consideri i microbi contenuti, ma troviamo solo diciture per alcune alimenti: nello yogurt ad esempio è frequente la scritta “ammette fermenti vivi”.
Oggi abbiamo a disposizione un’ampia scelta di cibi fermentati: kimchi, crauti, verdure in salamoia, giardiniera e capperi. Senza dimenticare le fermentazioni alcoliche che rilasciano metaboliti interessanti, come minerali, e vitamine e il mondo del latte e dei formaggi, che variano la loro componente microbica in base al tempo. Quasi tutti i salumi attraversano un periodo di fermentazione, mentre alcuni cibi fermentano bene con il sale grazie ai microbi alofili, come il miso o il shoyu, prodotti realizzati con il koji, una muffa nobile.