Michael Moss: il significato di fast e slow

23 Agosto 2022

Michael Moss è giornalista e autore di due libri sull’industria alimentare: “Grassi, dolci, salati. Come l’industria alimentare ci ha ingannato e continua a farlo” (Mondadori, 2014) e “Agganciati: Cibo, libero arbitrio e come i giganti del cibo sfruttano le nostre dipendenze” (2021, non ancora tradotto in italiano).

Inoltre, è anche uno dei relatori della conferenza di Terra Madre, Io, tu, noi: quando insieme possiamo fare la differenza, tesa a mostrare l’impatto che possiamo avere sul sistema alimentare, grazie alle nostre scelte.

Abbiamo parlato con Michael Moss per discutere di packaging, mercato, e del significato delle parole fast e slow.

Slow Food Il movimento Slow Food è stato fondato per contrastare la cultura del fast food. Ma un’idea di fast food basata esclusivamente sul modello di business di McDonald’s è limitante. Ci sono tanti altri modi in cui il nostro cibo è diventato più veloce negli ultimi decenni. E questo non riguarda solo la velocità del servizio nei ristoranti! Quali sono gli altri aspetti che dovremmo prendere in considerazione quando elaboriamo il concetto di fast food?

Tempo di reazione

Michael Moss L’idea di guardare al cibo dal punto di vista della velocità nasce dall’analisi degli alimenti processati come portatori di dipendenza, come avviene con le droghe. Una teoria che inizialmente non mi convinceva, ero totalmente scettico al riguardo. In seguito ai miei studi, oggi penso che i prodotti alimentari altamente processati, ricchi di sale e zuccheri, siano per noi ancora più dannosi del fumo, dell’alcol e persino di certe droghe. Perché i ricordi che sviluppiamo verso il cibo sono incredibilmente potenti; si formano in tenera età e durano per il resto della nostra vita.

Deserti e paludi alimentari sono una caratteristica comune del paesaggio alimentare americano. Ph. Blue Zones

Ma l’aspetto più importante che definisce i problemi che ci procuriamo con gli alimenti trasformati è la velocità della nostra reazione nei loro riguardi. Uno studio ha dimostrato che il fumo di sigaretta impiega 10 secondi per attivare il cervello. Ma quando hanno analizzato la velocità di reazione allo zucchero, hanno scoperto che il cervello reagisce in meno di un secondo. Il problema della velocità è che più velocemente una sostanza colpisce il cervello, più è probabile che reagiamo in modo compulsivo e perdiamo il controllo.

Tutto quel che riguarda i cibi trasformati è pensato per massimizzare la velocità. A cominciare dalla produzione: l’industria lattiero-casearia ha scoperto come produrre formaggio fuso in un solo giorno. Si continua con il confezionamento, dove l’industria degli snack ha inventato i cosiddetti “doypack”. Si tratta di una confezione dall’apertura sufficientemente larga da infilarci la mano e afferrare una manciata di biscotti o cracker senza farci caso, o mentre si sta facendo altro. In questo modo il prodotto diventa anche più veloce.

Cosa pensa di come si sono evolute le strategie di marketing dell’industria alimentare negli ultimi anni?

Rispetto ai cibi trasformati ci troviamo in una nuova terza fase. L’industria ha passato anni a negare che per noi potessero essere un problema. Poi hanno passato anni a ritardare la regolamentazione da parte del governo che potrebbe cercare di livellare il campo di gioco. Ora siamo in questa sorta di terza fase in cui stanno fingendo, in molti casi, di fare meglio.

L’Atlantesull’accesso al cibo mostra i deserti alimentari negli Stati Uniti. Immagine: USDA

Di conseguenza, è diventato più difficile entrare in un negozio di alimentari e capire cosa è buono e cosa è cattivo. L’industria alimentare è davvero brava a manipolare gli ingredienti per far sembrare che i suoi prodotti siano “migliori” per noi. Prendiamo ad esempio i cereali zuccherati. La tendenza oggi è quella di aggiungere proteine e di stampare a grandi lettere sulla parte anteriore della confezione PROTEINE” perché c’è la convinzione diffusa che le proteine possano aiutarci a controllare le nostre abitudini alimentari e a evitare voglie e sovralimentazione.

Prima ha accennato all’importanza della confezione nel nostro approccio psicologico al cibo. Oggi, in molti Paesi, le confezioni colorate delle sigarette appartengono al passato. Le restrizioni al marketing dei fast food potrebbero essere utili per combattere tutti i problemi di salute pubblica generati dai fast food?

Sono un po’ scettico sul tema dell’etichettatura delle confezioni. In parte perché, come ho appurato con sorpresa durante la stesura del mio ultimo libro, è stata la stessa industria alimentare a inventare l’indicazione dei dati nutrizionali sulle etichette dei prodotti. È un modo per farci credere che i loro prodotti siano meno dannosi di quanto saremmo portati a pensare. Credo che una delle opportunità più grandi sia quella della pubblicità.

Se riuscissimo a ridurre la capacità dell’industria alimentare di convincere i personaggi famosi e i personaggi dei cartoni animati a fare da testimonial dei loro prodotti, forse avremmo la possibilità di far capire alle persone che questi alimenti ultraprocessati non sono nostri amici. La pubblicità di questi prodotti da parte delle celebrities e, nel caso dei bambini, dei personaggi dei cartoni animati, è uno degli strumenti più potenti di cui dispone l’industria per mantenerci dipendenti dai suoi prodotti.

Ci sono esempi di prodotti che le vengono in mente e che stanno davvero coinvolgendo il pubblico in modo positivo? In cui ci dicono ciò che davvero abbiamo bisogno di sapere sul cibo, da dove viene, cosa contiene, cosa non contiene?

Dietro l’angolo di casa mia c’è un negozio che vende pesce davvero sostenibile e tracciato. Sono disponibili informazioni sul nome del peschereccio, luogo di pesca, metodi di cattura e il motivo per cui questi metodi sono sostenibili.

È un’ottima cosa sapere che si sta pagando per un pesce pescato con la lenza o con la rete. Mi piace l’idea di un’etichetta narrante. La mia enoteca acquista perlopiù da piccoli produttori e pubblica una newsletter in cui racconta le storie delle persone che producono il vino, oltre a parlarci dell’uva, della terra e del gusto del vino stesso.

L’ammonimento è che, ancora una volta, l’industria degli alimenti trasformati è molto brava anche in queste cose. E così, di recente, abbiamo visto in TV queste pubblicità molto eleganti e convincenti che descrivevano la vita dei contadini a conduzione familiare che coltivavano patate di provenienza locale per… indovinate un po’? Patatine industriali. I supermercati guardano a ciò che fa il movimento Slow Food e pensano a tutti i modi in cui possono cooptarne le strategie.

L’ultima domanda è forse la più difficile. Quale ruolo pensa che il movimento Slow Food debba svolgere in questa lotta per un mondo più sano e sostenibile?

Come giornalista ho lavorato duramente per riuscire a parlare ed essere rilevante non solo per le persone che vivono a Los Angeles, New York e Portland, Oregon, ma anche per quelle che vivono nel centro degli Stati Uniti. Gran parte del Paese è un enorme deserto alimentare, dove l’unico accesso alle verdure fresche consiste nel guidare per un’ora fino al Walmart più vicino.

Ho cercato modi per diffondere la conoscenza di ciò che l’industria alimentare ci ha fatto e della nostra capacità di ribaltare la situazione per riprendere il controllo delle nostre abitudini alimentari.

Le persone più vulnerabili nei confronti delle aziende produttrici di cibo trasformato spesso non hanno l’istruzione, il tempo o il denaro da spendere per il cibo che possono avere le persone più privilegiate. Mi piacerebbe quindi che Terra Madre si concentrasse un po’ sul racconto di questa Resistenza lenta, rivolto alle persone che dipendono dal cibo spazzatura. Dobbiamo trovare un modo per diventare più rilevanti per le loro vite, dato che sono il pubblico più grande e più ampio, almeno in Occidente.

Ascolta qui la versione completa dell’intervista

Michael Moss parlerà alla conferenza Io, tu, noi: quando insieme possiamo fare la differenza, il 24 settembre alle 17:30. La conferenza si svolge nella sala Kyoto dell’Environment Park e, il giorno successivo, la registrazione sarà disponibile online per quanti non siano riusciti a partecipare.

di Jack Coulton, info.eventi@slowfood.it

Terra Madre Salone del Gusto ti aspetta a Parco Dora, Torino, da giovedì 22 a lunedì 26 settembre, con il Mercato di oltre 600 produttori italiani e internazionali, un ricco programma di eventi e spazi espositivi che mettono in luce come il cibo possa essere una preziosa occasione di rigenerazione. #TerraMadre2022 è un evento Slow Food.

Skip to content